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Il nostro socio arch. Pietro Zannetti chiede che il blog ospiti questa sua riflessione sul nuovo aeroporto San Francesco di Assisi.

A novembre è stato inaugurato il nuovo terminal dell’aeroporto di Perugia, intitolato a San Francesco di Assisi. Una cerimonia un po’ surreale in quanto si è svolta nella totale assenza di passeggeri e di voli in partenza o in arrivo, fenomeno che, specialmente nella stagione invernale, si ripete tre o quattro giorni ogni settimana.
Quello che però interessa trattare riguarda le caratteristiche funzionali e operative della nuovissima struttura, che, come si è sottolineato più e più volte, è stata firmata dal celebre architetto Gae Aulenti, da poco scomparsa.
Non pochi di coloro che hanno avuto modo di utilizzare da utenti la nuova aerostazione hanno notato con sorpresa che pur in presenza di pochi passeggeri in arrivo o in partenza, anche quelli di un solo volo, l’impianto mostra evidenti segni di gravi carenze funzionali. Gli spazi destinati a chi si deve imbarcare sono clamorosamente sottodimensionati, del tutto insufficienti ad ospitare in modo minimamente confortevole chi aspetta di varcare il cancello di uscita, un’attesa che mediamente dura ben più di un’ora, dal momento che oggi, in qualunque aeroporto, le complesse e tortuose procedure di sicurezza e verifica impongono di presentarsi con ore di anticipo. Le 180/200 persone che aspettano un volo nel nuovissimo terminal devono stare in piedi o sedute sulla valigia, avendo a disposizione un WC e un distributore di bibite a moneta.
L’assurdità della situazione è che i poveri viaggiatori così miseramente ammassati vedono, attraverso le ampie vetrate, vasti spazi vuoti e inutilizzati. Si tratta delle aree situate a monte del varco di non ritorno della sicurezza, quel varco che chi parte cerca di superare il prima possibile, non appena arrivato all’aeroporto.
I grandi spazi vuoti sono destinati alle attività commerciali (non a caso tuttora assenti) e alle sale di attesa, un concetto quest’ultimo derivato dalla edilizia ferroviaria dell’800 che in un aeroporto di oggi è semplicemente un non senso. C’è poi un piccolo bar, sistemato in uno spazio sovradimensionato, la cui utilità è assai modesta, dal momento che il punto di ristoro sarebbe molto più opportuno nell’area di attesa dei voli, per la soddisfazione dei maltrattati passeggeri e del gestore, che moltiplicherebbe il volume dei suoi affari. Lo stesso ragionamento vale per le attività commerciali, che sono state relegate dove la gente non ha né l’interesse né la possibilità di andare. A maggior ragione questa situazione si ripeterà nella cosiddetta galleria commerciale con annesso ristorante, ubicati nella ristrutturata e distante vecchia aerostazione.
Quindi il nuovissimo terminal, costato alcune decine di milioni di euro in gran parte ottenuti grazie ai fondi per le celebrazioni del centenario dell’Unità d’Italia, che a regime dovrebbe servire, secondo le dichiarazioni ufficiali, 500.000 passeggeri per anno (quota peraltro insufficiente a scongiurare l’inserimento dello scalo tra quelli da chiudere), per come è stato studiato e realizzato entra in crisi acuta anche con un solo volo in partenza o in arrivo, con due voli in contemporanea, poi, si rischia il caos. Caos che, a sentire varie testimonianze, sembra si sia verificato anche di recente quando i passeggeri di un volo charter arrivato da Tel Aviv hanno potuto recuperare i propri bagagli andandoseli faticosamente a ripescare sul pavimento dove erano stati sommariamente rovesciati, perché il nastro di distribuzione disponibile è del tutto inadeguato a servire anche un solo volo, qualora i passeggeri abbiano una valigia in aggiunta al bagaglio a mano.
La domanda che ci si pone è molto semplice: dando per scontato che Gae Aulenti, eccellente architetto di allestimenti, scenografie e musei, non si è occupata delle questioni funzionali, ma ha solamente dato con maestria forma e colore a questa architettura, chi può avere elaborato i “lay-out” funzionali senza neanche andarsi a fare un giro in un qualunque aeroporto, non dico il Terminal 5 di Heathrow, ma almeno il modesto terminal di Trapani, opera di architetti ignoti, nel quale varie centinaia di passeggeri in attesa di partire, superati il check-in e la sicurezza, stanno comodamente sedute e, se ne hanno voglia, possono accedere a comodi ed adeguati servizi igienici, a qualche negozio e ad una ben fornita e accogliente tavola calda?

Pietro Zannetti