A Perugia nel maggio del 1970 l’Amministrazione comunale bandisce un concorso internazionale per la progettazione di un centro direzionale che taglia l’area industriale dove è insediata da più di cinquant’anni “La Perugina” e scavalca i binari della linea ferroviaria Terontola-Foligno, estendendosi dalle pendici del quartiere di Case Bruciate, in direzione nord, ai margini del quartiere di Madonna Alta, in direzione sud.

Il concorso si conclude con l’assegnazione del secondo premio al progetto redatto dall’équipe statunitense coordinata da Warren Schwartz. Il primo premio, invece, è assegnato al progetto redatto dall’équipe giapponese coordinata da Tsuto Kimura.

Un’ipotesi avveniristica quest’ultima che tuttavia è soffocata dalla crisi economica conseguente all’embargo petrolifero del 1973. Il progetto infatti viene archiviato perché ritenuto sovradimensionato e soprattutto dispendioso dalla committenza ovvero dalla IBP-Perugina, proprietaria di gran parte dell’area. Ciò nonostante, l’Amministrazione comunale di Perugia non rinuncia all’idea di realizzare un centro direzionale, capace di celebrare il Bacio-Perugina con un’architettura d’autore.

Così nel 1983 affida d’imperio il coordinamento della progettazione ad Aldo Rossi. E Rossi non delude le aspettative, costruendo una “Perugia analoga” che, nonostante l’adozione di soluzioni architettoniche estranee al contesto ambientale è fatta da una lunga piazza pedonale che, così come è proprio dei centri storici umbri, segue la pendenza naturale del terreno ed è misurata da una fontana pubblica piantata nel mezzo di due diverse quinte scenografiche.

 

Tratto dall’intervento di Paolo Belardi su

Wall Street International